6 cose che non sai sul BIO: tra falsi miti e disinformazione

L’agricoltura biologica è un altro modo di approcciarsi alla natura e alle produzioni alimentari. Un tema sempre più attuale nel dibattito pubblico che anche Cortilia segue e mette in evidenza con interesse e puntualità.
Diffondere una cultura del BIO, tuttavia, richiede attenzione e serietà, contro falsi miti e disinformazione.
Ecco alcune nostre osservazioni in materia BIO.

1) Questione di leggi
l’agricoltura biologica è disciplinata da diverse normative nazionali e comunitarie che definiscono requisiti e metodi per poter dichiarare se una produzione è biologica o no.
Un prodotto è biologico, pertanto, se ricondotto a livello di tecnica di produzione a parametri e metriche riconducibili alla legge.

2) Certificazione e burocrazia
Un prodotto è biologico se è certificato. La certificazione da parte di enti dedicati è obbligatoria. Si tratta di una procedura talvolta limitata a analizzare esclusivamente carte e documenti, non a controllare a livello puntuale i terreni o i prodotti.

3) Il biologico industriale
Attenersi a protocolli e parametri definiti dalle normative BIO è oggi facile anche per le produzioni di larga scala. Esiste, infatti, una forte crescita del comparto anche da parte di aziende agricole o di industrie di trasformazione che convertono la produzione, o parte di essa, verso il BIO. Persino le multinazionali del cibo cavalcano questa onda commerciale proponendo artefatti in versione “green”. Oltreoceano, dove il fenomeno è molto sviluppato, si possono trovare ad esempio i Macaroni&Cheese “Organic” (cioè “BIO”) di una nota multinazionale — ed è solo un esempio tra tanti!

Macandcheese2

 

4) C’è BIO e BIO
La diffusione industriale del biologico porta agricoltori e artigiani che si approcciano a questo tipo di agricoltura con dedizione e sensibilità contadina a interrogarsi sull’effettiva credibilità del concetto BIO, a fronte di una concorrenza sempre più forte di prodotti che sono BIO solo a livello di aderenza alle normative. Tali produttori si interrogano, infatti, su altri livelli e frontiere di valorizzazione delle proprie produzioni, come l’introduzione di pratiche di agricoltura biodinamica o più semplicemente sulla vendita diretta che consente di far trasparire a chi visita l’azienda il valore aggiunto della propria realtà.

5) Il territorio
Ciascun territorio e distretto agricolo ha le proprie caratteriste e potenzialità espressive. Puntare, quindi, su coltivare prodotti in rapporto alla vocazionalità è la prima operazione sensata a favore della sostenibilità. Non ha alcun senso sforzarsi di produrre mele su larga scala nella campagna milanese, quando in Trentino, in Valtellina, ecc ci sono condizioni nettamente più favorevoli, che possono avvantaggiare anche pratiche agricole biologiche.

6) Milano e il Parco Sud
Mais, riso, allevamento suino e qualche produzione orticola. Il parco agricolo più esteso d’Europa ha a lungo offerto un elenco di produzioni limitato, risultato di tecniche intensive. Un modello che oggi trova una strada nuova nell’affermarsi di aziende agricole che guardano alla multifunzionalità, requisito indispensabile per l’agricoltura biologica.
Da segnalare, con entusiasmo, che molte aziende locali da sempre indirizzate verso modelli convenzionali, anche grazie alla multifunzionalità, hanno iniziato la strada della conversione al BIO, a prova del fatto che questo comparto, se ben interpretato, è un’opportunità per il nostro sistema agricolo locale.