E’ primavera!!!

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Oggi ci siamo proprio! Dopo un weekend dai tratti nettamente invernali, eccoci sprofondati nel meraviglioso clima della primavera… L’entusiasmo è tanto, le aspettative anche… Il nostro paniere di prodotti agricoli è destinato a cambiare nelle prossime settimane… Ancora un pochino di pazienza e saremo trionfalmente travolti dai frutti della bella stagione, di cui oggi abbiamo qualche piccola – e aihmè ancora un po’ cara – primizia. Senza tradire i ritmi delle stagioni e la naturalità, non vediamo l’ora di godere di fragole, asparagi, zucchine, ma anche dei primi pomodori… e poi ciliegie, albicocche, fino ad arrivare a melanzane e tanto altro…

La primavera è la stagione della rinascita, dei germogli e delle prime insalatine, quelle tenere, fresche e gustose. Archiviato il periodo di cavoli e verdura stracotte, ora è la volta di tarassaco, erbette e coste (finalmente locali), ma anche dei famosi e rari agretti – conosciuti anche come barba di frati -, del cicorino e della borraginePizzo_20120802_C026

Ma per i nostalgici dei frutti invernali, non dimentichiamo che siamo all’inizio della stagione, quindi per un po’ ci guideranno nel cambio di stagione le ultime arance, ma anche mandarini, carciofi, mele, pere, cavoli e zucche.

È arrivata l’Hamburgermania!

L’hamburger, icona del fast-food mondiale, ha acquisito negli ultimi anni un exploit identitario e culturale di inimmaginabile successo… Da prodotto di bassa leva, associato all’industrializzazione alimentare più feroce e al bassissimo profilo nutrizionale ed esperienziale, l’hamburger è diventato un artefatto di interesse culinario che è arrivato ad abbracciare una schiera infinita di modelli culinari e gastronomici. Dal grande chef stellato, al bistrot di nuova tendenza, all’agriturismo in campagna, fino ad arrivare all’esperienza domestica, il panino imbottito di carne e salse numero uno al mondo ha cambiato volto e si è condito di una nuova rivoluzionaria prospettiva.

hamburgermaniaEccoci quindi nell’era nominata hamburgermania, un epocale fenomeno di ricerca del nuovo, di risemantizzazione alimentare, di risposta creativa alla banalizzazione, di riconquista di un connotato etico ed estetico che sembrava compromesso dalla prepotenza delle celebri insegne luminose dei colossi del Burger. Il nuovo hamburger è il disegno di un nuovo paradigma alimentare, moderno e quanto più attuale. All’interno troviamo una stratificazione di idee fresche alternate da una sana progettualità.

Tra queste: la scelta di un pane giusto, gustoso, realizzato con farine e ingredienti di primo ordine; la selezione delle migliori carni di filiera; la cura nel dettaglio, come l’impiego di salse espresse e verdure di stagione. Il tutto senza tralasciare quel contorno di apparenza, attrattiva e praticità: al bando versioni troppo sofisticate di di difficile approccio! L’hamburger – è bene ricordarlo – deve essere bello, soffice e sopratutto pratico.

A noi di Cortilia il Nuovo Hamburger piace. Per questo abbiamo lavorato in stretta sinergia con agricoltori e artigiani per offrire una possibilità di replicarlo in chiave domestica… Il risultato è garantito!

Pane per hamburger BIO

100% BIO, zero compromessi… Questi soffici panini sono il risultato dell’inventiva del laboratorio Pane Bruno

  • La Carne

Tre possibilità per tutti i gusti…

1) La purezza all’ennesima potenza. 100% carne BIO locale di carne Limousine.

Hamburger di carne Limousine BIO

2) Eccellenza assoluta: il meglio della carne Piemontese, secondo la ricetta del celebre Cazzamali.

3) Gusto e ancora gusto! Carne piemontese, un briciolo di carne di maiale e una punta di spezie, per un risultato godereccio.

  • Non sai scegliere?

Prova il nostro Kit per Hamburger BIO — c’è anche la Maionese BIO!

Monococco… un grano antichissimo!

Il monococco è il “seme della civiltà”, una straordinaria testimonianza della cultura agricola dell’Età del Bronzo. Con 10 mila anni di storia, questo cereale porta con sé un vissuto articolato fatto di abbandono, disinteresse e oggi – finalmente, dopo anni di lavoro e sperimentazioni – recupero e riaffermazione.

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Nonostante i numeri ancora esigui, qualche azienda ha iniziato a coltivare questa varietà.

Vediamone alcune pregi e virtù:

Anzitutto, l’interesse per questa coltura è legato essenzialmente alle sue peculiarità dietetiche nutrizionali, date dall’ottima composizione della sua farina. Il monococco contiene, infatti, pochissimo glutine, pur mantenendo un alto livello proteico (circa 17-19%, superiore rispetto ai frumenti tradizionali). Notevole anche il livello vitaminico, espresso in vitamina A, e di antiossidanti naturali, anche qui, decisamente sopra alla media dei “cugini” convenzionali.

Da non dimenticare, poi, anche le virtù sul fronte agronomico. A differenza delle varietà e degli ibridi selezionati e migliorati, il monococco garantisce anche una maggiore adattabilità, quindi una naturale predisposizione a pratiche agricole meno invasive e sostenibili.

L’azienda Podere Monticelli, nella figura di Cinzia Rocca, ha creduto fin da subito nel monococco, cereale che rientra nella composizione delle tante specialità gastronomiche, tra cui biscotti e crackers.

Per chi è appassionato di panificazione domestica, è possibile anche acquistare la farina, ottima per realizzare pani, focacce e pizze.

Straordinario, inoltre, il grano monococco perlato, una versione originale pronta da cuocere come un normale risotto o come base per un’insalata. Un prodotto eccezionale che permette di riscoprire, in chiave innovativa e curiosa, le proprietà nutrizionali e gastronomiche del cereale.

Cultura contadina: la Ribollita toscana

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L’ingegno e la spontaneità contadina hanno permesso da sempre di trasformare le più semplici e comuni materie prime in artefatti di straordinario valore gastronomico. Ricchissimo, dal nord al sud del nostro Paese, il patrimonio di ricette e piatti della tradizione popolare che è oggi oggetto di attenzione e riqualificazione.

Una di queste è la ribollita, icona della cultura cucinaria toscana. Parliamo di una zuppa di verdure, alla cui base troviamo due ingredienti essenziali: cavolo nero e pane raffermo.

E’ un piatto cosiddetto di magro, che i contadini erano soliti preparare il venerdì in abbondanza, e il giorno dopo – dato che vigeva la regola del “zero sprechi” – veniva riscaldata, si faceva bollire di nuovo, con la sola aggiunta di un po’ di brodo e di un filo d’olio.

Oggi si può tranquillamente “fare e mangiare”, senza affidarsi per forza al rito della “ribollitura”. Vediamo come.

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  1. Preparate tutte le verdure di stagione. Noi abbiamo usato: cavolo nero, carote, zucca, patate, cipolla, porri, gli ultimi pomodori, rape, sedano, zucchine.
  2. A parte cuocete i fagioli cannellini o borlotti, eventualmente dopo averli lasciati in ammollo una notte.
  3. Procedete con il soffritto, quindi inserite tutte le verdure e i fagioli. Coprite con acqua, sale e pepe quanto basta.
  4. Cuocete per 2-3 ore, quindi lasciate intiepidire. Aggiungete un buon pane con lievito madre raffermo ridotto a pezzetti. Lasciate assorbire per qualche ora, quindi mescolate.
  5. La ribollita si può gustare subito oppure riscaldare il giorno dopo.
  6. Obbligatorio, prima di servirla o direttamente sul piatto, un’irrorata di olio extravergine d’oliva.
  7. Mangiate a volontà.

Per chi cerca la comodità, ma comunque l’eccellenza e il gusto autentico delle materie prime, approfittate della Ribollita di Cucina-To

6 cose che non sai sul BIO: tra falsi miti e disinformazione

L’agricoltura biologica è un altro modo di approcciarsi alla natura e alle produzioni alimentari. Un tema sempre più attuale nel dibattito pubblico che anche Cortilia segue e mette in evidenza con interesse e puntualità.
Diffondere una cultura del BIO, tuttavia, richiede attenzione e serietà, contro falsi miti e disinformazione.
Ecco alcune nostre osservazioni in materia BIO.

1) Questione di leggi
l’agricoltura biologica è disciplinata da diverse normative nazionali e comunitarie che definiscono requisiti e metodi per poter dichiarare se una produzione è biologica o no.
Un prodotto è biologico, pertanto, se ricondotto a livello di tecnica di produzione a parametri e metriche riconducibili alla legge.

2) Certificazione e burocrazia
Un prodotto è biologico se è certificato. La certificazione da parte di enti dedicati è obbligatoria. Si tratta di una procedura talvolta limitata a analizzare esclusivamente carte e documenti, non a controllare a livello puntuale i terreni o i prodotti.

3) Il biologico industriale
Attenersi a protocolli e parametri definiti dalle normative BIO è oggi facile anche per le produzioni di larga scala. Esiste, infatti, una forte crescita del comparto anche da parte di aziende agricole o di industrie di trasformazione che convertono la produzione, o parte di essa, verso il BIO. Persino le multinazionali del cibo cavalcano questa onda commerciale proponendo artefatti in versione “green”. Oltreoceano, dove il fenomeno è molto sviluppato, si possono trovare ad esempio i Macaroni&Cheese “Organic” (cioè “BIO”) di una nota multinazionale — ed è solo un esempio tra tanti!

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4) C’è BIO e BIO
La diffusione industriale del biologico porta agricoltori e artigiani che si approcciano a questo tipo di agricoltura con dedizione e sensibilità contadina a interrogarsi sull’effettiva credibilità del concetto BIO, a fronte di una concorrenza sempre più forte di prodotti che sono BIO solo a livello di aderenza alle normative. Tali produttori si interrogano, infatti, su altri livelli e frontiere di valorizzazione delle proprie produzioni, come l’introduzione di pratiche di agricoltura biodinamica o più semplicemente sulla vendita diretta che consente di far trasparire a chi visita l’azienda il valore aggiunto della propria realtà.

5) Il territorio
Ciascun territorio e distretto agricolo ha le proprie caratteriste e potenzialità espressive. Puntare, quindi, su coltivare prodotti in rapporto alla vocazionalità è la prima operazione sensata a favore della sostenibilità. Non ha alcun senso sforzarsi di produrre mele su larga scala nella campagna milanese, quando in Trentino, in Valtellina, ecc ci sono condizioni nettamente più favorevoli, che possono avvantaggiare anche pratiche agricole biologiche.

6) Milano e il Parco Sud
Mais, riso, allevamento suino e qualche produzione orticola. Il parco agricolo più esteso d’Europa ha a lungo offerto un elenco di produzioni limitato, risultato di tecniche intensive. Un modello che oggi trova una strada nuova nell’affermarsi di aziende agricole che guardano alla multifunzionalità, requisito indispensabile per l’agricoltura biologica.
Da segnalare, con entusiasmo, che molte aziende locali da sempre indirizzate verso modelli convenzionali, anche grazie alla multifunzionalità, hanno iniziato la strada della conversione al BIO, a prova del fatto che questo comparto, se ben interpretato, è un’opportunità per il nostro sistema agricolo locale.