Le parole dell’aceto sono tante, infinite… c’è quello di vino, il balsamico, quello tradizionale, lo stravecchio, l’aromatizzato, il bianco e il rosso. Poi c’è il tempo, ovvero l’arte di saper aspettare, che può andare dai pochi giorni di un aceto industriale, fino ai tanti anni di un tradizionale. Ma nomi a parte, come orientarsi dietro a questo affascinante mondo della fermentazione?
Anzitutto occorre fare una prima distinzione tra aceto di vino e aceto balsamico. Quest’ultimo è il prodotto ottenuto a partire da mosto cotto acetificato, tecnica comune e tradizionale nella cultura emiliana, in particolare del Modenese e del Reggiano.
Ma anche all’interno del mondo dei balsamici, ci sono molte differenze. Vediamole:
Aceto balsamico di Modena: identifica una miscela di mosto cotto acetificato e aceto di vino. Le percentuali del primo sul secondo determinano la densità, il livello qualitativo, il risultato finale dal punto di vista organolettico. Più aceto di vino c’è, meno denso e complesso sarà il prodotto. Da considerare anche i tempi e le metodiche di affinamento che possono prevedere anche medi e lunghi passaggi in botte.
Aceto balsamico tradizionale di Modena: dove il termine tradizionale fa la differenza! E’ considerata una delle più straordinarie testimonianze dell’eccellenza gastronomica mondiale. Un artefatto reso possibile grazie alla complicità tra uomo, ambiente, territorio, cultura dell’attesa; un’eccellenza frutto della acetificazione naturale di solo ed esclusivamente mosto cotto, poi affinato e invecchiato a lungo secondo una procedura definita e affascinante, basato sul susseguirsi di passaggi in botticelle di legno. Dietro a questa specialità, si raccoglie un insieme di artigiani, aziende agricole, ma anche semplici privati appassionati che lo producono e portano avanti un metodo tradizionale unico e inimitabile.
Modena e la sua provincia è la capitale del Balsamico. Tra i protagonisti di questa produzione c’è la famiglia Vecchi, titolare dell’azienda AcetoModena.