Spreco di cibo. La colpa è delle etichette?

Pizzo_20120802_C029Quante volte è capitato di buttare gli avanzi della cena? Eppure, questa piccola azione quotidiana moltiplicata su larga scala crea un problema a livello globale. Ce lo ricorda anche  l’Autorità europea della sicurezza alimentare (EFSA) che segnala che tra un terzo e la metà del cibo prodotto ogni anno a livello globale va a finire nella pattumiera.
Il principale indiziato per questo problema? L’etichetta. Spesso è poco chiara e crea confusione tra i consumatori che buttano via cibo ancora commestibile.

Quanti di noi sanno che la dicitura “Consumarsi preferibilmente” (Best before) non indica una data di scadenza oltre cui non è più possibile consumare il prodotto? La data riportata è quella entro cui l’alimento conserva la sua qualità ideale, ma ciò non significa che dopo non può essere consumato.

Il problema di etichette poco chiare è sentito molto oltre i confini della Ue. In USA, ad esempio, il 25% del cibo viene buttato perché ha superato il Sell By Date, che alto on  è che la data entro cui il produttore è tenuto a venderlo.

E in Italia?  Dal rapporto “Waste Watcher” 2014  risulta che, “le famiglie italiane sprecano, ogni anno, cibo per 8,1 miliardi di euro. Questo significa che ogni famiglia spreca, in una settimana, 6,5 euro di cibo”.
Non mancano però proposte per sensibilizzare a questa tematica.

E proprio in questi giorni in cui si torna sui banchi di scuola, Andrea Segrè, presidente di “Last minute market” e docente di politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna, ha ribadito la sua proposta di far entrare l’educazione alimentare all’interno dei programmi scolastici.
Infatti “Imparare ad alimentarsi correttamente e a non sprecare il cibo aiuterebbe anche l’economia: servirebbe a rilanciare le produzioni di maggior qualità.
Chissà che qualcosa non si muova in questo senso .