Il kefir al microscopio: cos’è e perché fa bene

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Alessandro e Federica di White and Seeds che producono kefir e yogurt con solo latte bresciano. E lo fanno in modo unico. Ci hanno raccontato qualcosa di più sul kefir!

Partiamo dall’etimologia prima che dalla definizione: “kefir” deriva da keyif, parola che per i popoli del Caucaso significa “benessere” e ci suggerisce subito le funzionalità di questa bevanda, oltre che le sue origini geografiche. 

Già da inizio ‘900 infatti sono stati condotti studi sulla popolazione del Caucaso per trovare una spiegazione alla longevità della popolazione e alla riduzione dei problemi intestinali nei bambini. Sembra proprio che tutti questi fattori fossero determinati dal consumo del kefir, bevanda consumata da oltre 2000 anni da questi popoli. 

Rimasta però sotto silenzio fino agli ’90 del XX secolo, il kefir si è fatto strada anche in Europa e in Italia per le sue proprietà benefiche e per il suo gusto caratteristico. 

Di cosa si tratta? 

Una bevanda fermentata fatta dal latte di vacca o di capra che, come per la maggior parte delle ricette della tradizione, è nato come un sistema di conservazione. Solo successivamente se ne sono apprezzate anche le proprietà organolettiche e probiotiche.

Il kefir è quindi frutto di una fermentazione che ha bisogno di una coltura starter di batteri che la facciano cominciar. Queste matrici batteriche sono contenute nei granuli di kefir, che trovano la loro unicità nella perfetta convivenza con dei ceppi di lieviti. La presenza di lieviti è la sostanziale differenza tra il kefir e lo yogurt. 

Questi microrganismi convivono nei granuli e si riproducono quando si trovano immersi nel latte, cambiandone consistenza, abbassandone il pH e producendo diversi sottoprodotti della fermentazione come vitamine e batteriocine. 

Il suo metodo di produzione è rimasto invariato negli anni nonostante l’aiuto della tecnologia: il latte viene pastorizzato e quindi “inoculato”, ovvero vengono aggiunti i granelli di kefir. Lo si lascia a temperatura controllata per 24/48 ore e lo si filtra. 

Perchè fa bene?

Come per lo yogurt il kefir agisce nell’intestino come probiotico: favorisce quindi la vita della flora intestinale. Ma non è finita qui: la presenza dei lieviti induce anche una fermentazione alcolica che produce batteriocine che proteggono da salmonella e da E.coli. Inoltre riduce l’assorbimento del colesterolo e ne migliora l’escrezione attraverso il legame con i sali biliari. In ultimo il kefir è ricco di vitamine del gruppo B nonché di molecole antibatteriche e antimicotiche.

Il lattosio presente nel kefir è inferiore a quello del latte: i numerosi ceppi batterici presenti infatti durante la fermentazione scindono il lattosio e lo rendono più disponibile per la digestione. Il kefir per questo motivo è più digeribile, rendendolo inoltre una preziosa fonte di calcio.

Che sapore ha?

Il kefir ha un gusto simile allo yogurt con in più una nota tattile di frizzantezza, tipica dei fermentati, che quindi rende questa bevanda difficile da apprezzare a molti poiché fa percepire maggiormente l’acidità. Durante la produzione però, alzare di poco la temperatura favorisce l’azione dei batteri lattici, lasciando invariate le proprietà benefiche e ammorbidendo il gusto. Con questo accorgimento il kefir di White and Seeds vi stupirà!

L’altra differenza con il kefir classico è l’aggiunta di aromi. Alessandro e Federica scelgono solo aromi naturali che aggiungono insieme ai granuli di kefir a inizio lavorazione. 

Come ce lo consigliano? 

Così com’è per colazione o merenda. Oppure è da provare come base per frullati.

Fermenti e Biodiversità

Mucca Cortenuova

La maggior parte dei prodotti che mangiamo è il risultato dello straordinario e misterioso mondo delle fermentazioni. Tanti minuscoli e invisibili microrganismi dialogano e si rapportano con le materie prime e gli elementi più essenziali alla base del nostro cibo mettendo in atto modifiche e piccoli capolavori della scienza.

Pane, vino, birra, formaggi, salami, prosciutti, conserve…. Infinito il bagaglio di prodotti, persino i più semplici e insospettabili.

Vediamo un esempio: lo yogurt! Questo derivato del latte non è nient’altro che un artefatto reso possibile dall’incontro tra il latte e una colonia di fermenti a cui fanno capo i celebri e decantati Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus termophilus. L’opera dei due alleati consiste nella trasformazione del lattosio (lo zucchero contenuto nel latte) in acido lattico.

Ma cosa contribuisce a rendere uno yogurt diverso dall’altro? Tantissimi i fattori: anzitutto, occorre considerare che la fermentazione è sinonimo di vita quindi di biodiversità. E la bioversità, appunto, non può essere omologazione. Poi, da non sottovalutare, la differenza della materia prima di partenza, ovvero il latte e di eventuali ingredienti aggiunti, quale frutta, zuccheri e in alcuni (peggiori) casi, addensanti, coloranti, aromi artificiali. E per finire, la tecnologia: ciascuna azienda si affida a sfumature differenti che portano lo yogurt ad assumere consistenze variegate. Anche a parità di ricettazione, c’è quello cremoso, quello liquido, quello compatto, più o meno granuloso, quello denso, ecc. E’ il gusto personale che porta a scegliere una tipologia piuttosto che l’altra.

Anche all’interno del mondo Cortilia, non mancano queste differenze!

Chi vuole una tipologia più liquida, dall’aspetto vellutato può scegliere lo yogurt BIO di Cascina Cortenuova.

Gli amanti del genere più compatto possono optare per lo yogurt dell’azienda Il Fornasotto.

I più “romantici”, a cui piace il genere “oggi più compatto, domani meno”, devono affidarsi allo straordinario yogurt di Zipo.