Il Km0… un concetto superato?!

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Evviva il cibo locale. Evviva le nostre campagne e le centinaia di agricoltori e artigiani che ogni giorno lavorano e valorizzano il nostro territorio. Evviva il cavolo appena raccolto e che in poche ore giunge nel nostro piatto.

Sono tante, forse infinite, le parole che accompagnano il cibo dei nostri giorni. Tra queste il fatidico e abusato concetto del Km0. Un termine tanto ricco di simbologia, quanto vuoto di contenuto e concretezza. Vediamo perché.

Km0 è un slogan che risale ad alcuni anni fa quando si è imposto nel vocabolario alimentare con ambizione e coraggio, con l’idea di diffondere una cultura alimentare e di approvvigionamento del cibo che ponesse attenzione all’origine e alla prossimità. Una nobile causa – così possiamo definirla – che è servita ad accendere dibattiti, interessi trasversali e un’acuta sensibilità del consumatore attorno alle produzioni locali e al territorio. In pochi anni il Km0 è entrato nella bocca di tutti – istituzioni, cittadini, contadini, produttori, artigiani, commercianti e persino nei supermercati -, sostenuto dalla sua stessa ambiguità e attrattiva illusoria.

Da semplice sirena, il Km0 è sprofondato senza controllo nel mondo del consumo e della fruizione del cibo, al punto da diventare un’etichetta, un sigillo distintivo (non regolato!) in fase di acquisto.

Sotto al cappello del Km0 si sono innalzati migliaia di iniziative di vendita diretta, sotto forma di mercati rionali, ambulantati, fiere e tanto altro. Tutti progetti di grande valore se si pensa all’impatto positivo per i bilanci delle aziende agricole locali, ma che non possono alimentare il proprio successo sulla base di abbagli commerciali, se non addirittura raggiri.

Per fare un esempio, un mercato che fonda la propria identità e attrattiva sul Km0, situato a Milano nella prima settimana di dicembre, dovrebbe esporre una gamma di prodotti orticoli limitata a cavoli, gli ultimi finocchi, zucche, porri, qualche insalatina invernale e poco altro. Come si giustifica, invece, la presenza dei meravigliosi carciofi, delle immancabili e destagionalizzate carote, cardi, sedano, ecc? Per non parlare della frutta: tralasciando gli agrumi che sono palesemente provenienti dal Sud, che ne è di mele, pere e kiwi?

Non varrebbe la pena andare oltre al mero slogan del Km0 e valorizzare le aziende agricole locali anche per quello che sono e per quello che offrono realmente? Anziché mascherare sotto all’ombra dell’ambiguità chilometrica un prodotto che non può (ed è bene che non lo sia) locale e di produzione aziendale, non è più efficace e strategico puntare sulla trasparenza? Ad esempio esponendo le origini chiare e precise di tutti i prodotti (oltre agli obblighi di legge: la normativa impone l’obbligo di dichiarare l’origine espressa come “paese di provenienza” es. Italia). Perché illudere e disinformare facendo credere che sia tutto locale quando non lo è?

Andare oltre al Km0 diventa un compito diffuso e necessario per fare chiarezza e diffondere una cultura alimentare che valorizzi l’autenticità dei nostri agricoltori, che premi le nostre campagne per quello che sono, a partire dal convivere con serenità nell’accettare i limiti strutturali, climatici, colturali e culturali che hanno. Scopriremo, ad esempio, che una mela nel Parco Sud di Milano (salvo in qualche raro e sporadico orto domestico) non ha senso cercarla, perché le peculiarità e le potenzialità agricole di questo straordinario territorio sono altre (riso, cereali, alcune orticole, allevamento). In compenso esiste – a non meno di 300 km dalla città – una comunità straordinaria di famiglie di agricoltori e cooperative che tra la Valtellina, il Trentino, l’Alto Adige porta avanti una cultura melicola che dà origine a mele decisamente migliori sotto ogni punto di vista.

Senza scadere nei soliti dibattiti retorici – ad esempio meglio un pomodoro Km0 coltivato artificialmente in idroponica in serre riscaldate a dicembre o un pomodoro siciliano biologico raccolto nel pieno della maturazione in una zona fortemente vocata? – impegniamoci a conoscere il nostro territorio e i nostri agricoltori.

Eccellenze italiane…. Piemontese e Chianina

Il patrimonio zootecnico italiano è ricchissimo di biodiversità. Conoscerlo è importante e un valido contributo per valorizzare razze antiche e promuovere la cultura locale.

In questi giorni l’offerta degli agricoltori di Cortilia si è arricchita di due straordinarie testimonianze di carne.

In contemporanea, in occasione delle feste, le aziende Cascina Cassinetta e Cascina Speziana offrono una sintesi del loro esaltante lavoro quotidiano di promozione delle due principali razze autoctone bovine.

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Parliamo, nel primo caso della razza Piemontese, in assoluto la regina della carne italiana. Nel secondo della Chianina, emblema della Toscanità più profonda.

Due razze molto simili tra loro che si sono distinte nel tempo per la loro naturale propensione alla triplice attitudine, ovvero animali valorizzati a 360 gradi sia per la forza lavoro, sia per la produzione di latte (in entrambi i casi la produzione è molto limitata), sia per la carne.

 

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La vicinanza delle due razze (anche genetica) si esprime in maniera evidente osservandole: entrambe hanno il mantello bianco e una potente massa muscolare. Animali rustici, molto resistenti, adatti anche al pascolo e a condizioni di allevamento all’aperto, ben lontani dalle metodiche industriali. Questo è il motivo per cui negli anni di ricorso all’iperproduttività, queste due razze, così come molte altre del patrimonio zootecnico tradizionale, sono state gradualmente abbandonate, fino ad arrivare a minacciarne l’esistenza (in particolare nella Chianina).

Oggi è ammirevole riconoscere il lavoro compiuto dai tanti allevatori che hanno creduto nella biodiversità contribuendo a riportare in auge queste due eccellenze.

Per dare continuità e valore a questo lavoro, è fondamentale che questi prodotti, in particolare frutto di allevamento e alimentazioni naturali e virtuose, possano avere un mercato florido. Cortilia dà il suo contributo, con queste eccezionali proposte.

Box di Carne Piemontese 3 Kg

Box di Carne Piemontese 6 Kg

Box di Carne Chianina 5 Kg

Km0: dubbi ragionevoli?

Nei giorni scorsi abbiamo parlato più volte di quanto si stiano diffondendo gli acquisti di alimenti a Km0 zero e di quanti estimatori eccellenti abbiano.

Più volte abbiamo provato ad illustrare quali sono i vantaggi per l’ambiente e il portafoglio delle persone che questo sistema comporta. Eppure, non lo nascondiamo, se hanno tanti ammiratori, gli acquisti a km0 hanno anche qualche dettrattore.

Per esempio, in un articolo comparso su Il Messaggero del 27 aprile 2011, Antonio Pascale critica l’approccio della filiera corta ritenendolo, sostanzialmente, una forma ostinata di resistenza alla modernità e al progresso.

La sua critica si rivolge non solo contro la coltivazione biologica, colpevole, secondo lui, di limitare il progresso necessario per vincere la povertà e ottenere prodotti a basso costo per tutti, ma soprattutto contro il chilometro zero. Scrive l’autore: “Se abitassi in Valtellina dovrei mangiare solo mele? In Pianura Padana solo parmigiano e prosciutto?”. L’argomentazione polemica alla base dell’articolo è che è assurdo che le tipicità locali non possano percorrere chilometri per raggiungere anche la tavola di chi non è così fortunato da abitare nei posti di produzione.

Inoltre, Pascale si mette dalla parte dei produttori e sostiene che sono loro i primi ad avere interesse a esportare i propri prodotti, perché il ristretto mercato esclusivamente locale non consentirebbe di vendere un quantitativo sufficiente di frutta per resistere sul mercato.

Voi cosa ne pensate? Condividete questi argomenti ?

Filiera corta: testimoni eccellenti e comodità per tutti

Il cibo a chilometri zero ha estimatori eccellenti, molto, molto, molto in alto. Si è appreso da poco, infatti, che sulla tavola di Papa Ratzinger arrivano solamente frutta, verdura, carne e latticini prodotti e raccolti nel terreno che circonda la villa pontificia di Castelgandolfo. Dunque tutti alimenti dalla tracciabilità certa, freschi freschi per il pontefice.

L’azienda agricola di Castelgandolfo, però, non si limita a produrre solo per il Papa, ma vende i propri prodotti al supermercato che si trova all’interno delle Mura leonine.

Anche al di fuori dei confini geografici della nostra penisola, la tendenza del Km0 si sta diffondendo. Oggi non si può fare a meno di citare l’esempio della fresca coppia principesca d’Inghilterra, William e Kate. I due, a quanto pare, si impegneranno per la sostenibilità ambientale lungo il solco tracciato dalla regina Elisabetta e da Carlo, da tempo sono impegnati nella promozione della cultura verde e dei prodotti locali. In sella da lunghi anni, ma al passo con i tempi, la regina – tra le altre iniziative – ha inaugurato un orto urbano nel giardino di Buckingham Palace a Londra, mentre da tempo, nelle tenute della famiglia reale, si producono prodotti biologici e freschissimi messi poi in vendita nel mercato locale.

I due freschi sposini non sembrano essere da meno: la loro tenuta nelle campagne della Cornovaglia sarà in parte destinata alla produzione di frutta e verdura per l’autoconsumo e anche il loro ricchissimo banchetto di nozze (degno di un re) è fornito con prodotti locali.

Lasciando da parte gli esempi eclatanti, tuttavia, si rimarca come l’aspetto positivo della filiera corta sia che chiunque può avere accesso ai prodotti locali, sempre freschi e genuini. Ovviamente, non tutti possono avere a disposizione immense tenute da dedicare alla coltivazione dei propri ortaggi, ma quasi tutti possono provare a coltivare verdure sul proprio balcone. Nel caso, infine, l’agricoltura non faccia per voi, potete sempre ordinare la vostra spesa online e – se siete a Milano – Geomercato ve la porterà direttamente a casa.

Nuova stagione….nuovi prodotti!

Oh! Finalmente!

Stavate iniziando a essere stanchi dei soliti sapori invernali? Sorridete: il cambio di stagione non vi porterà solo giornate più lunghe e un po’ più caldo, ma anche pasti differenti da quelli che avete gustato per tutto l’inverno. Assecondando il ciclo stagionale, anche l’Azienda agricola Fratelli Scotti rinnova il suo listino dandovi così la possibilità di scegliere tra nuovi prodotti freschi a chilometro zero.

Con i primi caldi, ortaggi tipicamente invernali – come crauti e verze – lasciano spazio alle verdure primaverili, come asparagi, costine novelle e tarassaco.

Complice l’ondata di caldo dei giorni passati, inoltre, potrete già portare sulle vostre tavole le fave, magari accompagnate da ottimo formaggio Grana, Pannerone o Raspadura, ma anche verdure più tipicamente estive come zucchine e melanzane con cui potrete sbizzarrirvi tra pentole e padelle in cucina.

L’insalata sulla vostra tavola non mancherà, certo, dovrete rinunciare alla qualità Chioggia e Romana, ma in compenso potrete accompagnarla con cetrioli freschissimi e pomodori insalatari.

Quanto alla frutta, ecco le prime fragole di stagione, che prendono il posto della pera abate.