Più locale di così!

DSC_0975Forse vi sarete accorti o forse no, ma fateci caso: il termine tanto amato, da tutti decantato del Km0 sembra sparito. O meglio, sembra aver perso la sua brillante e autorevole visibilità che fino a poco fa abbagliava contadini, agricoltori, commercianti e ovviamente i consumatori. E dove se ne andato?

Avrà mica lasciato spazio a un po’ più di concretezza e realtà? Forse sì e forse – diciamolo in coro – speriamo! Perché è di questo di cui ha tanto bisogno il mondo dell’agricoltura locale.

Come già discusso a tal proposito, il Km0 è una nobile causa che è servita ad accendere dibattiti, interessi trasversali e un’acuta sensibilità del consumatore attorno alle produzioni locali e al territorio. Ma il territorio, qualsiasi esso sia – specialmente quello attorno a Milano – non è e non può essere una babele infinita di frutta e verdura di ogni sorta 12 mesi all’anno. Riconoscere e convivere con serenità, accettando i limiti strutturali, climatici, colturali e culturali che nostri territori hanno, è doveroso e importante: è un modo concreto di evitare le illusioni, di superare lo slogan del Km0 innalzato all’ingresso di un mercato, di vendere e acquistare frutta e verdura per quello che è veramente.

Eppure, in tutto questo, non dimentichiamoci che viviamo in un territorio meraviglioso, ricco di aziende agricole che quando sono nel pieno della produzione, vanno valorizzate e apprezzate. Facciamo quindi pace con il termine Km0 perché, quando c’è, è giusto farne un buon uso e valorizzarlo.

Oggi abbiamo scelto di raccontarvi una di queste esperienze, in assoluto la più inusuale e inaspettata, in controtendenza… a prova del fatto che il mondo dell’agricoltura locale è fatto anche di sfide, compromessi, sorprese, ecco a voi un caso davvero curioso. Parliamo dell’azienda il Frutteto del Parco, un vero e proprio caso di Km0 riuscito applicato al mondo della frutta, in particolare a quello delle mele. Ed è proprio attorno al frutto più coltivato al mondo, solitamente NON coltivata attorno a Milano, che l’azienda ha realizzato un progetto di produzione strutturato e credibile. Parliamo di un grande frutteto di oltre 20 ettari che per visitare è sufficiente dirigersi in direzione nord di Milano, precisamente a Ceriano Laghetto, all’interno del Parco delle Groane. E’ qui che un gruppo di amici di origine trentina ha deciso di creare il primo grande meleto in terra meneghina. Il risultato consiste in uno straordinario susseguirsi di filari in cui si alternano differenti varietà di mele. Al loro fianco, non mancano le pere e da quest’anno le ciliegie e i piccoli frutti.

I tenerumi…. una simpatica novità dalle nostre campagne

L’agricoltura è prima di tutto contaminazione di idee, culture, intrecci di storie e tradizioni, lontane o vicine, alcune radicate ormai da secoli – si pensi all’ingresso in Europa del pomodoro o della patate nel Cinquecento, altre più recenti.

In questi tempi, la tradizione agricola che – a detta di tutti è un’innovazione ben riuscita – passa attraverso non solo il recupero di prodotti antichi appartenenti al territorio, ma anche per la scoperta e l’inventiva degli agricoltori di voler scoprire cose vuole, esperienze di ruralità curiose e mai banali. E’ da questa iniziativa che è nata l’idea dei Fratelli Scotti, in quel di Mediglia, alle porte di Milano, di coltivare alcuni ortaggi nuovi, o meglio, nuovi in rapporto alla tradizione orticola meneghina.

Un esempio su tutti, già testato e forse da alcuni assaggiato già lo scorso anno, è rappresentato dai Tenerumi, un’originale verdura a foglia.

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Non ne avete mai sentito parlare? Ecco un buon motivo per provate questa squisita icona della cultura orticola siciliana.  Si tratta delle foglie tenere della pianta delle zucchine, più precisamente della zucchina “serpente”, lunga e stretta. Le foglie si sbollentano in acqua e si usano come fossero spinaci. Ottimi soffritti con pomodoro e cipolla come sugo per la pasta.

Il pane di Carlo

Torniamo ancora una volta a parlare di pane, uno dei prodotti essenziali della nostra alimentazione.

Come sapete, da alcune settimane, abbiamo iniziato la collaborazione con Carlo Fiorani, un giovane agricoltore della provincia di Cremona. E partiamo proprio da qui. Carlo è un agricoltore! Un contadino per l’esattezza, un ragazzo forte di una lunga esperienza professionale nel mondo Slow Food a contatto con artigiani e custodi della biodiversità alimentare, che è tornato alla terra e alla coltivazione di cereali per la produzione di pane di altissima qualità.

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Per fare un po’ di chiarezza e rispondere alle richieste che giungono da alcuni di voi, cerchiamo di indagare sul valore aggiunto del Pane di Carlo.

1) Un vero pane di filiera

La filiera è la sua, quella dei suoi grani coltivati in azienda secondo i dettami dell’agricoltura Bio. Carlo non scende a compromessi con farine di forza o surrogati di fonti incerta. Carlo valorizza in toto ciò che deriva dalla sua terra. Questo può rendere il pane meno immediato, talvolta instabile, forse imperfetto, ma ricco di anima e identità.

2) La lievitazione

Carlo si affida alle virtù della pasta madre e ad una lievitazione diretta. Il pane che ne deriva è compatto, sodo, mai troppo acido e equilibrato nel gusto. Questi requisiti rendono il pane adatto ad una lunga conservazione.

3) La gamma

Carlo non ha una gamma di pani infinita, dato che dai suoi terreni non giungono tutte le tipologie di grani. Con questo, annunciamo che qualche novità ci sarà dalle prossime settimana, frutto del legame diretto con amici agricoltori. E il caso del pane di mais, prodotto in collaborazione con Carlo Maria Recchia, giovanissimo agricoltore cremonese e fautore del recupero dell’antica varietà di mais corvino.

E voi cosa ne pensate del Pane di Carlo?

 

È arrivata l’Hamburgermania!

L’hamburger, icona del fast-food mondiale, ha acquisito negli ultimi anni un exploit identitario e culturale di inimmaginabile successo… Da prodotto di bassa leva, associato all’industrializzazione alimentare più feroce e al bassissimo profilo nutrizionale ed esperienziale, l’hamburger è diventato un artefatto di interesse culinario che è arrivato ad abbracciare una schiera infinita di modelli culinari e gastronomici. Dal grande chef stellato, al bistrot di nuova tendenza, all’agriturismo in campagna, fino ad arrivare all’esperienza domestica, il panino imbottito di carne e salse numero uno al mondo ha cambiato volto e si è condito di una nuova rivoluzionaria prospettiva.

hamburgermaniaEccoci quindi nell’era nominata hamburgermania, un epocale fenomeno di ricerca del nuovo, di risemantizzazione alimentare, di risposta creativa alla banalizzazione, di riconquista di un connotato etico ed estetico che sembrava compromesso dalla prepotenza delle celebri insegne luminose dei colossi del Burger. Il nuovo hamburger è il disegno di un nuovo paradigma alimentare, moderno e quanto più attuale. All’interno troviamo una stratificazione di idee fresche alternate da una sana progettualità.

Tra queste: la scelta di un pane giusto, gustoso, realizzato con farine e ingredienti di primo ordine; la selezione delle migliori carni di filiera; la cura nel dettaglio, come l’impiego di salse espresse e verdure di stagione. Il tutto senza tralasciare quel contorno di apparenza, attrattiva e praticità: al bando versioni troppo sofisticate di di difficile approccio! L’hamburger – è bene ricordarlo – deve essere bello, soffice e sopratutto pratico.

A noi di Cortilia il Nuovo Hamburger piace. Per questo abbiamo lavorato in stretta sinergia con agricoltori e artigiani per offrire una possibilità di replicarlo in chiave domestica… Il risultato è garantito!

Pane per hamburger BIO

100% BIO, zero compromessi… Questi soffici panini sono il risultato dell’inventiva del laboratorio Pane Bruno

  • La Carne

Tre possibilità per tutti i gusti…

1) La purezza all’ennesima potenza. 100% carne BIO locale di carne Limousine.

Hamburger di carne Limousine BIO

2) Eccellenza assoluta: il meglio della carne Piemontese, secondo la ricetta del celebre Cazzamali.

3) Gusto e ancora gusto! Carne piemontese, un briciolo di carne di maiale e una punta di spezie, per un risultato godereccio.

  • Non sai scegliere?

Prova il nostro Kit per Hamburger BIO — c’è anche la Maionese BIO!

Cultura contadina: la Ribollita toscana

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L’ingegno e la spontaneità contadina hanno permesso da sempre di trasformare le più semplici e comuni materie prime in artefatti di straordinario valore gastronomico. Ricchissimo, dal nord al sud del nostro Paese, il patrimonio di ricette e piatti della tradizione popolare che è oggi oggetto di attenzione e riqualificazione.

Una di queste è la ribollita, icona della cultura cucinaria toscana. Parliamo di una zuppa di verdure, alla cui base troviamo due ingredienti essenziali: cavolo nero e pane raffermo.

E’ un piatto cosiddetto di magro, che i contadini erano soliti preparare il venerdì in abbondanza, e il giorno dopo – dato che vigeva la regola del “zero sprechi” – veniva riscaldata, si faceva bollire di nuovo, con la sola aggiunta di un po’ di brodo e di un filo d’olio.

Oggi si può tranquillamente “fare e mangiare”, senza affidarsi per forza al rito della “ribollitura”. Vediamo come.

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  1. Preparate tutte le verdure di stagione. Noi abbiamo usato: cavolo nero, carote, zucca, patate, cipolla, porri, gli ultimi pomodori, rape, sedano, zucchine.
  2. A parte cuocete i fagioli cannellini o borlotti, eventualmente dopo averli lasciati in ammollo una notte.
  3. Procedete con il soffritto, quindi inserite tutte le verdure e i fagioli. Coprite con acqua, sale e pepe quanto basta.
  4. Cuocete per 2-3 ore, quindi lasciate intiepidire. Aggiungete un buon pane con lievito madre raffermo ridotto a pezzetti. Lasciate assorbire per qualche ora, quindi mescolate.
  5. La ribollita si può gustare subito oppure riscaldare il giorno dopo.
  6. Obbligatorio, prima di servirla o direttamente sul piatto, un’irrorata di olio extravergine d’oliva.
  7. Mangiate a volontà.

Per chi cerca la comodità, ma comunque l’eccellenza e il gusto autentico delle materie prime, approfittate della Ribollita di Cucina-To